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Come sono nati gli Oscar?

Il momento più atteso dell’anno per ogni appassionato di cinema americano è la Award season, cioè la stagione dei premi che inizia a novembre con i Gotham Awards e che giunge al suo culmine con gli Academy Awards, meglio conosciuti come Oscar. Gli Oscar sono premi che attirano l’attenzione da ogni punto di vista, non solo da quello strettamente cinematografico o da quello di costume, in quanto la cerimonia stessa, sia per i momenti particolari che per il red carpet, ha una risonanza in grado di produrre discorsi anche per i mesi successivi. Ma com’è nato questo premio?


Iniziamo con una piccola contestualizzazione storica: ci troviamo alla fine degli anni ’20, un decennio di grande espansione economica dove i capitali investiti nell’industria cinematografica schizzano alle stelle. Gli spettatori e i prodotti hollywoodiani aumentano sempre di più e ciò porta alla nascita di un’organizzazione dell’industria cinematografica di tipo verticale, dove le grandi società (tra le quali figurano le tuttora operative Paramount e Metro Goldwyn Mayer) concentrano in sé produzione, distribuzione ed esercizio con il possesso di catene di sale cinematografiche. È il periodo inoltre in cui si consolida lo stile hollywoodiano classico, caratterizzato da un utilizzo delle luci artificiali che ammorbidisce le ombre e dall’effetto flou, che crea immagini soffuse sui tipici primi piani delle dive. Protagonisti del cinema del tempo erano sicuramente registi come Cecil B. De Mille, Charlie Chaplin e il pioniero del western John Ford, ma anche grandi dive come Lillian Gish e Greta Garbo.



In un clima così fiorente per l’industria cinematografica hollywoodiana nel 1927 nasce l’AMPAS, l’Academy of Motion Picture Arts and Science ad opera di Louis B. Mayer, all’epoca direttore della Metro Goldwyn Mayer che inizialmente intendeva fondare un’organizzazione per risolvere le controversie legate al lavoro in ambito cinematografico. Ben presto però, i membri fondatori si distaccarono da questo progetto e nel 1928 al suo interno iniziarono a nascere dei comitati dei “Premi al merito” che da uno diventarono ben dodici accompagnati dalle istruzioni sulla nomina, il voto e la selezione dei vincitori. Il 16 maggio 1929 presso l’Hollywood Roosevelt Hotel in una cerimonia di soli 15 minuti e all’attenzione di 270 persone furono consegnate 15 statuette per i meriti in ambito cinematografico per gli anni ‘27 e ‘28: nasce così la prima cerimonia degli Oscar.



L’organizzazione fondata da Mayer inizialmente comprendeva i professionisti di 5 branche dell’industria cinematografica, cioè attori, registi, sceneggiatori, tecnici e produttori i quali in numero complessivo di 36 sono considerati i co-fondatori dell’AMPA. Tra questi, un’unica donna, Mary Pickford star del cinema muto, grande donna d’affari e fondatrice insieme a Charlie Chaplin, David W. Griffith e il marito Douglas Fairbanks della compagnia di produzione e distribuzione United Artists, acquisendo un enorme potere di autofinanziamento e di gestione dei propri film, inedito per il sistema concentrato dell’epoca.



Ad oggi, le branche dell’Academy sono 17 e i membri al 2019 8.733, un enorme ampliamento se si pensa ai soli 36 del 1929! Per accedere all’Academy non sono previste autocandidature, ma bisogna attendere l’invito del Board of Governors, il consiglio di ogni ramo: tra i principali requisiti, che di fatto non sono fissi per ogni branca, bisogna essere attivi nel campo cinematografico e possedere qualifiche decise dal Consiglio. In passato si poteva diventare membri dell’Academy solamente se si era stati candidati almeno una volta agli Oscar, regola ormai in disuso che ha aumentato considerabilmente la portata dei membri permettendone anche un ricambio generazionale.


È introvabile una lista completa di chi faccia parte dell’organizzazione, ma ogni anno trapelano gli inviti: per il 2019 per esempio figurano i nomi di Tom Holland, Elizabeth Moss e Claire Foy e per gli italiani Carlo Verdone, Matteo Garrone e Giancarlo Giannini. Dei nuovi invitati, inoltre, in nome della diversità dopo le controversie degli Oscar 2016, il 50% è donna e il 29% è composto da persone non-bianche: in ogni caso però se tutte le proposte accettassero l’invito, questo non cambierebbe di molto la portata complessiva di diversità dell’intera organizzazione.


Non si può essere certi se l’ampliamento dei votanti poi si rifletta effettivamente sui risultati degli Oscar, ma per qualcuno la risposta è affermativa: testimone è la vittoria di Moonlight come Miglior film agli Oscar 2017, la candidatura di Get Out nel 2018 e per il 2019 le nomination di Black Panther e BlacKkKlansman, vincitore del premio per la Migliore sceneggiatura non originale.


Dando però un’occhiata alle nomination per gli Oscar 2020, sembra quasi che questo percorso verso una maggiore inclusività si sia arrestato: Greta Gerwig è l’unica regista donna ad essere candidata e Cynthia Erivo e Bong Joon-ho sono invece gli unici due nominati non-bianchi. Quale può essere però la causa di questa involuzione?


Certamente non sono le candidature agli Oscar a dimostrare lo sviluppo inclusivo di una società e muovendoci nel panorama politico critico che è quello americano non c’è molto da stupirsi dei risultati. Quello che emerge è che questi premi, nati per promuovere i meriti nell’ambito cinematografico, più che mai sono l’espressione di un’élite che -nonostante gli apparenti sforzi- ancora fatica a dare i giusti riconoscimenti a chi lo merita a prescindere dal genere e dal colore della pelle.

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