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Fleabag, una brillante critica del femminismo

“Animale o persona sporca o trasandata, di solito infetta da pulci”: questa è la definizione che l’Oxford dictionary dà della parola fleabag, titolo della commedia drammatica scritta e creata da Phoebe Waller-Bridge e basata sull’omonimo monologo teatrale della stessa autrice, vincitore di 24 premi in tre anni e acclamato dalla critica mondiale. Prodotta dalla Two Brothers Pictures per BBC Three e disponibile su Prime Video, la serie è un tuffo nella vita di Fleabag (interpretata dalla stessa Waller-Bridge), una trentenne londinese alle prese con le relazioni romantiche, il sesso, i problemi familiari e la difficile gestione di un caffè aperto insieme alla migliore amica Boo, recentemente scomparsa.



La genialità della Waller-Bridge è quella di raccontare senza filtri i pensieri, i tormenti, i dolori ed i desideri di una trentenne qualunque. Fleabag è egoista, goffa e invadente, è un personaggio che spesso critichiamo e giudichiamo, senza però realizzare che -in qualche modo- c’è un po’ di Fleabag in ognuna di noi. Waller-Bridge rappresenta l’entrata nell’età adulta in modo crudo e realistico, umano, mettendo in scena un’età in cui ancora si cerca il proprio posto nel mondo e in cui si incorre continuamente in errori anche gravi, di cui poi bisogna prendersi la responsabilità e pagarne le conseguenze, per quanto a volte possano essere brutali.

La protagonista è un personaggio femminile inedito, perché imperfetto, problematico e proprio per questo, vero. Fleabag è un “sacco di pulci” ma il senso di sporcizia suggerito dalla definizione accademica si nasconde sotto un metro e ottanta di rossetto rosso e un caschetto da flapper. Piena di traumi irrisolti e incapace di incanalare le proprie emozioni in modo sano e adulto, Fleabag utilizza il sesso non solo come una valvola di sfogo, ma anche -come dice lei stessa- per riempire un vuoto emozionale.


Oltre alla rappresentazione incisiva di un’età difficile, la genialità sta anche nella modalità di narrazione: Phoebe-Fleabag rompe la quarta parete in continuazione, interpella direttamente gli spettatori e arriva a parlare di noi come “amici”, coinvolgendoci ancora più emotivamente nelle vicende raccontate. Oltre ad essere un personaggio imperfetto, Fleabag però è come tutte noi alla ricerca, se non della felicità, di un equilibrio, di un cambiamento positivo, che effettivamente sembra avvenire alla fine della seconda (e ultima?) stagione della serie, rendendo chiaro un arco di trasformazione eccezionale del personaggio che matura senza perdere però i suoi tratti distintivi: la goffaggine, l’arguzia e l’ironia.

È interessante analizzare Fleabag anche dal punto di vista di critica al femminismo: la nostra protagonista sente di essere una “cattiva femminista” (per citare Roxane Gay), perché se potesse scambierebbe cinque anni della sua vita per il “fisico perfetto”, perché se avesse il seno più grande probabilmente sarebbe meno femminista, manifestando un rapporto conflittuale tra la morale e il dato di fatto, lo scontro del singolo con un mondo che pretende che tu sia sempre all’altezza delle situazioni. Fleabag si sente a disagio nei luoghi del femminismo, come la sexhibition della matrigna e il “ritiro spirituale” dove si reca assieme alla sorella, questo perché i simboli archetipici femministi rappresentano un movimento datato, non conforme con il femminismo della quarta ondata, cioè quello contemporaneo.


Questo porta la stessa autrice a chiedersi “sono femminista se guardo i porno? o se a volte vorrei avere un corpo più appetibile? sono femminista se uso la mia sessualità come arma o scudo?”. Questo stimola una riflessione su come a volte sia impossibile rinchiudere in sterili definizioni qualcosa che è in continua evoluzione: questo non vuol dire che il femminismo non sia utile o sia datato, bensì che è un movimento fluido, senza dei limiti precisi e che sta a noi definire cosa è il nostro femminismo, la nostra rivoluzione personale, che certamente parte dalla nostra autodeterminazione e che ha a che fare con il rapporto con noi stesse e con la società


In conclusione, la rappresentazione femminile sullo schermo non è mai stata così brutalmente onesta come in Fleabag, una delle serie più acclamate dell’ultimo anno e che ha reso Phoebe Waller-Bridge la sceneggiatrice più premiata ed amata dell’anno. Il successo mondiale le ha fatto ottenere un contratto milionario con Amazon, che ci fa sperare in future collaborazioni piene di contenuti interessanti, finalmente in grado di dare una rappresentazione femminile fuori da ogni stereotipo.



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