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Perché facciamo sesso?



Mi capita spesso di passare alcune delle mie giornate –non tutte, per fortuna– in uno stato catatonico in cui non faccio altro che riesumare le sigarette che lascio a metà nel posacenere e chiedermi quali siano i meccanismi determinanti le più svariate interazioni che decidiamo di avere con le persone che entrano ed escono dalle nostre vite. È un po‘ come un motel, la vita, in cui la gente va e viene, si ferma qualche notte o qualche anno e poi riparte, ritorna o non la si vede più. A volte la si ricorda, altre la si dimentica per sempre. Nei motel c’è sempre un’aura giallognola e rarefatta, pregna di ambiguità, che fa pensare a un limbo sicuro dove trovare riparo quando si scappa non è ben chiaro da cosa. Sono luoghi dal tempo dilatato, poeticamente squallidi e intrisi di sessualità e mentre soffoco il primo mozzicone della giornata pensando al motel della mia vita, stavolta mi chiedo cosa succeda dentro di noi quando prendiamo la decisione di fare sesso con qualcuno. Cosa ci convince e cosa no, ammesso e non concesso che abbiamo davvero bisogno di essere convinti.


Perché facciamo sesso?



Le ragioni per cui facciamo sesso –così come quelle per cui non lo facciamo– sono estremamente importanti, ma rimangono un argomento che in tanti (troppi) casi ancora oggi non viene considerato abbastanza rilevante da meritare uno studio. Sono fondamentali perché, rispondendo ad una delle nostre componenti più primordiali, sono in grado di riconsegnarci un’analisi talmente viscerale che, per quanto parziale, parla di chi siamo, di come funzioniamo e di ciò che ci fa stare bene o male.

Non mi ero mai fermata a pensarci prima, ma la risposta è tutt’altro che ovvia. È sicuramente vero che nella top tre ci sono motivazioni quali il voler provare piacere –fisico e/o emotivo che sia, l’attrazione e quindi il desiderio di sfogare una tensione sessuale o ancora, aggiungerebbero alcuni, la riproduzione, ma pensare che si limiti tutto a questo farebbe di noi degli ingenui paraculo pure un po’ stronzi. Ho indubbiamente fatto sesso per le prime due ragioni (onestamente mai per l’ultima), ma l’ho fatto anche per noia, perché non sapevo cosa volessi e tanto valeva iniziare a cercare da qualche parte, per smania di potere, per rabbia, per amore, per farmi del bene, per farmi del male, per sentirmi usata e degradata o apprezzata e compresa, perché chi avevo davanti mi faceva sentire desiderata, perché non volevo tornare a casa, perché ero ubriaca o per ottenere qualcosa in cambio. E la lista –la mia e, ne sono certa, quella di chiunque– potrebbe continuare per un po’.



Siamo troppo complessi per ridurre un discorso così soggettivo e diversificato a una manciata di ragioni semplicistiche con le quali rischieremmo di autoinfliggerci la croce di una banalità che non ci appartiene. Spesso mi rendo di conto di quanto io per prima dovrei attenuare la morsa entro cui mi costringo, accettando il mio essere in modo nudo e crudo. Nudo. E crudo. Perché se c’è una verità che nessuno può contestare è che ognuno di noi è vivo, ergo è capace di provare sensazioni che per definizione viaggiano in uno spettro che va dall’ultra negativo all’ultra positivo –e sì, l’apatia è tra queste. Il fatto che la lente sociale sotto la quale siamo costantemente scannerizzati sia in grado di giudicarci arbitrariamente come persone per bene o come fiumi di vomito in base a ciò che facciamo e a come lo facciamo, è ciò che ci serve per capire perché sia così semplice cadere nella vergogna e nell’imbarazzo relativamente ai propri desideri sessuali. Se non fosse, però, che i riferimenti su cui si muove la suddetta giuria poggiano su un piedistallo fatto di pregiudizio, ignoranza, moralismo e pudore. Perciò se stasera mi piacesse l’idea di andare a letto con qualcuno che in cambio mi offre dei soldi, dovrei farlo senza giudicarmi sbagliata per quello che desidero o per quello di cui ho bisogno.



Non credo sia possibile riassumere tutte le motivazioni per cui scegliamo o meno di fare sesso, ma qualche giorno fa ho visto un film che mi ha fatto pensare a quello che vorrei fosse la ragione di fondo per cui lo facciamo. Il film si chiama Ken Park ed è la storia del disagio che stringe la gola di tre ragazzi e una ragazza di Visalia, California, e del suicidio di un amico con cui erano soliti uscire. Il racconto è scritto e realizzato in maniera talmente vera e naturale da diventare commovente, tanto da lasciarci disarmati perché a un finale da film se ne è preferito uno che rimane sospeso, così come capita nella vita vera. Shawn, Claude, Peaches e Tatesono cresciuti in famiglie che li hanno devastati psicologicamente ed emotivamente e per far fronte a questo veleno hanno scelto di reagire in un primo momento attraverso il disordine assoluto che solo la trasgressione e la ribellione possono produrre, salvo poi trovare reale conforto calandosi in una libertà sessuale che non conosce vergogna ma che, al contrario, è fatta di cura, rispetto e di una nudità che non è solo fisica, ma capace di spingersi oltre, sfiorando una dimensione spirituale.

Così mi piace pensare che una delle ragioni per cui facciamo sesso sia il carnale bisogno di ricercare qualcosa d’altro e di sentirsi davvero liberi, anche solo per un attimo, e che questo valga tutto ciò che di negativo troviamo compreso nel prezzo.



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