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Vulvodinia e coppetta mestruale: una storia a lieto fine

Non ricordo come sia iniziato tutto, ma ben presto, quello che era un lieve fastidio è sfociato in un dolore intenso e continuo che ha saputo compromettere la più banale delle attività quotidiane: gli indumenti attillati erano una gogna e il solo contatto con la carta igienica mi faceva accapponare la pelle.

Ho incontrato diversi ginecologi che non hanno saputo aiutarmi: diagnosticata con un forte vaginismo, curata per delle infezioni vaginali che non avevo, talvolta i medici hanno pensato esagerassi.

Il culmine è avvenuto durante un tampone: la dottoressa mi ha confessato che non era possibile provassi cosi tanto dolore al solo contatto di un cotton-fioc, quindi ne dedusse che avevo qualche problema psicologico irrisolto e che sarei dovuta andare in cura da uno psicologo. Stavo per arrendermi a questa idea, ma per fortuna, un’amica mi ha mandato un saggio scritto dall’Ostetrica Fabiana Toneatto. Ho chiamato subito lo studio e ho preso un appuntamento: avevo la Vulvodinia, nello specifico la Vestibulite Vulvare.


La vulvodinia e il dolore vulvare


Dopo anni in cui sono stati sottovalutati i sintomi definendoli solo “una vaginite” e spesso classificando le donne che ne soffrivano come donne depresse, si sta diffondendo una maggiore consapevolezza della problematica.

La vulvodinia è difficilmente definibile, o meglio, è difficile darne una definizione precisa ed univoca. Si tratta di un dolore cronico localizzato a livello vulvare da almeno 3-6 mesi, a volte associato ad altri disturbi. Si può genericamente definire una condizione di disagio e fastidio a livello dei genitali esterni che nella maggior parte dei casi è percepita come bruciore intenso o una irritazione.


La Vestibulite Vulvare è una particolare forma di vulvodinia


Le cause ad oggi sono sconosciute, è bene specificare che vulvodinia e vestibulite vulvare non sono malattie che trovano causa nella psiche, tuttavia la loro cronicizzazione ha importanti conseguenze psicologiche e relazionali. Sono responsabili della dispareunia, ovvero dolore più o meno intenso durante i rapporti sessuali e del vaginismo che comporta l’impossibilità di avere rapporti sessuali.


Esistono forme primarie e secondarie


Primarie quando iniziano i primi approcci sessuali o quando la donna tenta di inserire un tampone interno; secondarie quando il dolore insorge dopo molti anni di rapporti regolari e non dolorosi. In questo secondo caso può comparire in seguito a infezioni vaginali, a molteplici terapie antibiotiche, a trattamenti locali aggressivi, all’abuso di prodotti aggressivi per l’igiene intima, post-partum o post episiotomia, dopo interventi chirurgici.

Importante sottolineare che, come in tutte le malattie, la componente emotiva e lo stress possono influenzarne il decorso.

Spesso la diagnosi è tardiva (in alcuni casi supera i 4 anni) e il trattamento difficilmente protocollabile. I protocolli devono essere solamente indicativi, ogni donna avrà il proprio percorso terapeutico che a volte si modifica anche in corso d’opera.


L’approccio migliore è quello personalizzato e multidisciplinare


Non esiste una terapia univoca e rapida per tutte le forme, si procede per step personalizzati, tuttavia i risultati che si ottengono sono attualmente molto incoraggianti e la percentuale di donne completamente guarite è in continuo aumento.

Bisogna aver fiducia delle proprie capacità ed impegnarsi con positività.


Ho fatto circa cinque mesi di terapia, a casa avevo degli esercizi da fare per rafforzare, rilassare, avere pieno controllo del mio pavimento pelvico e due volte a settimana mi recavo in studio per sottopormi alla terapia manuale e all’elettrostimolazione. Dopo i primi mesi, la situazione è notevolmente migliorata, tuttavia, la paura di provare dolore e bruciore mi ha preclusa dall’avere rapporti sessuali per diverso tempo.



Vedete, chi soffre o ha sofferto di Vulvodinia ha subito traumi. I medici talvolta non hanno tatto e se il semplice sfioramento delle pareti vaginali tramite cotton-fioc è insopportabile, non dovrebbe essere difficile immaginarsi il dolore provocato da una visita di routine, dalle dita del ginecologo, dall’ecografia transvaginale ed infine da un rapporto sessuale. Ci ho messo diverso tempo per correggere quel riflesso totalmente incondizionato che mi faceva trasalire e irrigidire al minimo sfioramento della vulva sia da parte dei medici per i controlli che da parte del mio partner.


Come, forse vi starete chiedendo: grazie alla coppetta mestruale.

Mai avrei pensato che avrei potuto usarla, ma ho deciso di fare un tentativo, conscia dei miei limiti e della paura. È stata una piacevole sorpresa che mi ha permesso di migliorare il rapporto con il mio corpo e di sfidare quel riflesso insopportabile che non riuscivo a controllare.  

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