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Wordslut: l'importanza della linguistica e il diritto di essere rappresentat*



Photo by: Katie Neuhof

 


Il linguaggio che utilizziamo nel contemporaneo è frutto di una serie di evoluzioni, cambiamenti, superamento di tradizioni e svecchiamento.

Amanda Montell è una brillante linguista americana autrice del libro: Wordslut, A Feminist Guide to Taking Back the English Language. Il saggio pubblicato nel 2019 si propone di de-costruire il linguaggio - dagli insulti, alle imprecazioni, dal catcalling* alla grammatica e ai pronomi - con l’obiettivo di mostrare le modalità con le quali è stato utilizzato per secoli in una dimensione coercitiva nei confronti delle donne e di altri gruppi discriminati e marginalizzati. I suoi progetti sono stati pubblicati su Marie Claire, Cosmopolitan, The Rumpus, WhoWhatWear e Byrdie.com.

*È una forma di violenza verbale

Il patriarcato - non è una novità - si è impossessato del linguaggio con lo scopo di esercitare la sua autorità e il suo potere.* La volontà di nominare e classificare ogni cosa è tipicamente umana, è una necessità imprescindibile della condizione degli homo sapiens - termine interessante perchè, chi di voi, di fronte a questo termine, si immagina una donna? Nella mente solitamente si palesa un uomo barbuto, leggermente ingobbito e con uno straccio di pelle di gnu a coprire i genitali.

*The good news is that the English language was not literally invented by a group of white dudes in rope sitting in a room deciding on the rules (though sometimes that is very much the case, like in France). Ovvero: la buona notizia è che la lingua inglese non è stata letteralmente inventata da un gruppo di tizi bianchi - uomini politici che, senza vincoli di tipo formale, si sono dati reciproco aiuto per raggiungere uno scopo o concludere un affare di comune interesse - anche se questo talvolta è il caso, come per esempio in Francia. (Wordslut: chapter 0)

Le parole che utilizziamo riflettono la nostra soggettività e hanno un ruolo fondamentale nella creazione della nostra personalità e individualità

Quando si parla di identità di genere e di orientamento sessuale, le parole vengono meno, lo zampino è innegabilmente quello del patriarcato. Il vocabolario relativo allo spettro di genere e alla sessualità è in costante evoluzione. Urge che io specifichi una cosa, parole come asessualità, bisessualità, pansessuale, queer, agender hanno lo scopo di garantire alle persone un termine, una sorta di etichetta che dia un nome ai loro sentimenti, alla loro identità e alle modalità con le quali si relazionano agli altri; il riconoscimento di se stessi è fondamentale nella misura in cui permette di arginare la discriminazione e di riconoscere la propria condizione in una dimensione collettiva. Questi termini, a differenza di quello che comunemente si pensa, non diventano di tendenza per una questione effimera, falsamente avanguardista o superficiale: è un diritto quello di rappresentazione. È necessario che io puntualizzi anche questo: non tutte le persone esprimono una volontà di definirsi, i termini o etichette o categorie sono necessarie nella misura in cui permettono di superare gradualmente una condizione di isolamento imposto dalle istituzioni sociali, ma non tutt* provano liberazione o giovamento nel definire se stessi. Le scelte rimangono personali e politiche.

Spesso i più privilegiati condannano l’evoluzione linguistica in modo tale che la loro autorità rimanga inalterata. Storicamente, il linguaggio ha sempre rinforzato le istituzioni autoritarie.

Laurel A. Sutton, linguista e analista, ha condotto una brillante ricerca agli esordi degli anni Novanta

All’epoca era una studentessa di linguistica della UC Berkeley, durante i semestri, decise di portare avanti un esperimento: assieme agli altri studenti e studentesse ha compilato una lista di parole di derivazione giovanile e in gergo utilizzate più frequentemente e con annessa spiegazione.

Il suo piano era quello di analizzare i termini sulla base del genere per avere più chiarezza in fatto di ruoli considerati maschili e femminili. In totale sono stati collezionati 3.778 termini. Successivamente, Sutton ha creato quattro categorie semantiche relegando ogni termine nella corretta sezione: promiscuità sessuale, grassezza, malvagità e level of hotness (sexy). Il 90% delle parole in gergo utilizzate per le donne erano negative (46% per la controparte maschile).

Questi termini solitamente hanno una forte connotazione sessuale tanto in inglese quanto in italiano. Ricordo il monologo di Paola Cortellesi ai David di Donatello nel 2018: “Gatto morto? Felino deceduto, gatta morta? Prostituta. Cortigiano? Uomo di cultura che vive a corte, cortigiana? Prostituta” (Non ho intenzione di utilizzare termini più offensivi e poco civili per gusto personale, utilizzerò più avanti dei termini senza tradurli dalla lingua inglese).

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Nel 1975 Muriel Schulz, professoressa di linguistica ora in pensione alla Cal State Fullerton ha pubblicato The Semantic Derogation of Woman’s con l’obiettivo di descrivere il processo di cambiamento semantico dei termini con una forte accezione di genere. Esistono due tipi di evoluzioni semantiche: peggioramento, quando un termine da neutro o positivo si evolve acquisendo un senso fortemente negativo o miglioramento, quando un termine è oggetto di una riqualificazione.

Sir and Madam trecento anni fa circa avevano lo stesso significato e venivano utilizzati in contesti esclusivamente formali, con il tempo la parola Madam ha assunto una connotazione negativa diventando sinonimo prima di ragazza precoce, poi di prostituta, infine di donna a capo di un bordello. Lo stesso si può dire di Master e Mistress, termini di derivazione francese che si sono fatti strada nella lingua inglese. Inizialmente, entrambe le parole indicavano una persona autorevole, con il tempo, il termine femminile ha assunto il significato di donna sessualmente promiscua e scandalosa.

Gli studiosi di lingua hanno appurato che molti degli insulti utilizzati per gli uomini hanno una forte correlazione con ciò che viene considerato solitamente femminile. Non è difficile che si utilizzino espedienti come: sei una femminuccia, perchè ti comporti come una femminuccia, motherfucker, don’t be a pussy.

If you want to insult a woman, call her a prostitute. If you want to insult a man, call him a woman.

Per quanto riguarda la riqualificazione di alcuni termini, il merito è delle donne e dei gruppi discriminati che utilizzano il termine offensivo compiendo una riappropriazione, ne risulta una perdita significativa di matrice negativa e offensiva, più il termine viene utilizzato in contesti positivi, più la carica discriminatoria si attenua per scomparire gradualmente. Basti pensare alla parola Queer che nel secolo scorso veniva utilizzata come insulto omofobo. Grazie al lavoro di riappropriazione promosso dalla comunità LGBTQ+ e successivamente dalle accademie, il termine ha subito una vera e propria riabilitazione, nonostante alcuni lo reputino ancora problematico, è diventato un vero e proprio temine ombrello con lo scopo di garantire una corretta rappresentazione per un gruppo di persone fortemente discriminate e isolate.

Se oggi la parola bitch non ha più una forte connotazione negativa, il merito è delle donne afro-americane. C’è una forte correlazione tra la riabilitazione del termine e la cultura hip-hop femminile. In questo senso, parole come bitch e hoe utilizzate esclusivamente dalle donne, diventano simboli di solidarietà e liberazione. Una donna ha il diritto di definirsi in questo modo, ma non è corretto, a meno che non ci sia consenso, utilizzare il termine per definire altre donne. Ci sono donne che utilizzano la parola bitch con lo scopo di sminuire l’intento patriarcale offensivo e di rifiutare gli standard legati alla dimensione femminile, come ci sono donne che non si sentono a loro agio con l’utilizzo del termine e che preferiscono rigettarlo completamente. È sempre una questione di consenso e di scelta personale.

In conclusione, mi rendo conto del fatto che lingua inglese e italiana siano diverse, tuttavia trovo che entrambe siano fortemente sessiste, ringrazio il lavoro, talvolta poco considerato, di linguisti e linguiste e linguist*. Il cambiamento culturale è fortemente legato alla lingua. Consiglio, a chi può e se la sente di leggere in inglese, il libro di Amanda Montell. La sua analisi è brillante oltreché interessante.



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